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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1.- Nel contesto del procedimento di omologazione del concordato preventivo della s.r.l. G.M., e precisamente con il decreto di fissazione dell'udienza per la comparizione della ricorrente e del commissario giudiziale, il Tribunale di Verona ha rilevato che la società ricorrente era parte in procedimenti giudiziali che aveva promosso nei confronti di istituti di credito, per il recupero di somme di rilevante importo"; che l'esistenza di tale contenzioso non era stato indicato nè nel piano con la proposta di concordato, nè nella relazione di attestazione, nè nella relazione del commissario giudiziale, ma era emerso solo in sede di adunanza dei creditori; che taluni di questi procedimenti erano stati avviati dopo l'ammissione alla procedura concordataria, ma senza una preventiva richiesta di autorizzazione ex art. 167 L. Fall.; che tali circostanze avrebbero potuto incidere sulla corretta rappresentazione della situazione debitoria della società G.M. Sulla base di questi rilievi, il Tribunale ha disposto che la detta società notificasse il decreto a tutti i creditori.

    Costituendosi nel procedimento di omologazione, G.M. ha rilevato, in via di contestazione di quanto ritenuto dal Tribunale, che i procedimenti in questione configuravano azioni di ripetizione di indebiti pagamenti effettuati a favore di certi istituti bancari; che per talune di queste controversie si trattava, inoltre, di opposizioni a decreti ingiuntivi; che i debiti verso questi istituti erano stati comunque appostati per intero nell'ambito del piano, mentre degli eventuali esiti positivi delle azioni si sarebbe direttamente giovato il ceto creditorio; che i legali incaricati delle azioni da parte della società la avevano liberata dalla prestazione dei compensi; che, per il caso di condanna al pagamento delle spese di giudizio, esisteva un fondo rischi per le sopravvenienze passive; che, per l'ulteriore caso di incapienza di tale fondo, i soci di G.M. si erano...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    4.- Il primo motivo di ricorso è stato intestato "violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. n. 267 del 1942, art. 161, commi 2, lett. a. e b., e art. 3".

    Lo stesso assume, in sostanza, che l'informativa in merito ai conteziosi pendenti e alle loro possibili conseguenze "non era affatto necessaria". "I contenziosi non potrebbero avere alcuna ricaduta pregiudizievole nè sulla situazione patrimoniale della società, nè sulla proposta formulata ai creditori"; per contro, trattandosi di un concordato con cessio bonorum, le eventuali sopravvenienze attive sarebbero in ogni caso destinate a portare un vantaggio diretto alla massa dei creditori.

    5.- Il motivo appare fondato.

    Non è da ritenere, invero, che - date le peculiari caratteristiche della fattispecie concreta - le omissioni informative circa il contenzioso in essere con le banche abbiano effettivamente inciso su veridicità e attendibilità dei dati complessivamente esposti nella domanda di concordato e nell'attestazione del piano.

    Nell'attuale, tali contenziosi non sottraggono risorse ai creditori (posta la rinuncia al compenso effettuata dai difensori della società); nè, ovviamente, integrano delle reali attività. Neppure danno ragionevoli sicurezze di attivo in termini prospettici: la stessa Corte di Appello, nel definire il "rischio lite" dei detti contenziosi, ha rilevato come la "possibilità di soccombenza" si configuri, nella specie, come ipotesi "non certo irrealistica".

    Quanto poi all'eventualità di condanna alle spese di giudizio, questa risulta coperta dall'assunzione del relativo (e ipotetico) debito da parte dei soci della s.r.l. G.M.: sotto il profilo giuridico, tale assunzione si può dire "assorba" il debito della società in causa, neutralizzando il relativo rischio di sopravvenienza negativa. In ogni caso ha errato la Corte territoriale a non tenere in nessun conto la detta struttura di...

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