1. L'Ufficio Iva di Parma notificava al curatore del fallimento Cesi società consortile a r.l. l'avviso di pagamento (D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 60, comma 6) per omessi versamenti di Iva, relativi agli anni 1994 - 1995, con l'invito ad adempiere entro trenta giorni dalla notifica.
Decorso il termine, l'Ufficio emetteva foglio di prenotazione, con applicazione di soprattasse e interessi, chiedendo l'insinuazione tardiva del credito nella procedura concorsuale.
All'udienza fissata dal G.D., l'11 novembre 1998, il curatore si opponeva all'ammissione per l'insussistenza di un atto impositivo impugnabile, e l'Amministrazione si costituiva eccependo l'illegittimità del diniego, per essere il credito, pacificamente, anteriore alla data del fallimento.
2. Il Tribunale di Parma respingeva la domanda, sul presupposto che il credito non fosse basato su un idoneo titolo, in quanto, nella specie, l'atto non era impugnabile.
3. La sentenza veniva confermata anche dalla Corte d'appello.
4. Avverso tale pronuncia, ricorrono per cassazione il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'agenzia delle Entrate, con impugnazione affidata ad un unico mezzo.
Il Fallimento resiste con controricorso e memoria illustrativa.
1. Con l'unico mezzo di ricorso (con il quale denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 267 del 1942, art. 55, comma 3, e art. 95, commi 1 e 2, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 45, comma 2, e motivazione carente, illogica e contraddittoria), i ricorrenti premettono che la Corte di appello ha ribadito che la natura di atto non impugnabile, propria dell'avviso di pagamento e dei fogli di prenotazione allegati alla domanda di insinuazione tempestivamente avanzata dall'Ufficio, non avrebbero consentito l'ammissione al passivo in quanto non sarebbe stato possibile un controllo giurisdizionale del credito.
Deducono i ricorrenti che lo scopo della disposizione (la Legge Iva, art. 60, comma 6) introdotta dal D.L. n. 323 del 1996, art. 10, comma 3, ossia quello di facilitare il pagamento spontaneo di un credito non contestato onde ottenere una riduzione delle soprattasse, prima della iscrizione a ruolo, non sarebbe stato apprezzato dal Giudice di merito che avrebbe escluso l'ammissione al passivo del credito in quanto non contenuto in un atto suscettibile di impugnazione.
Invece, tale procedura sarebbe stata corretta perchè conforme al D.M. 28 dicembre 1998, art. 19, secondo il quale l'ammissione al passivo sarebbe il presupposto per l'iscrizione a ruolo del credito erariale.
La situazione considerata negativamente dal Giudice equivarrebbe all'ipotesi dell'iscrizione a ruolo di un credito, in base alla quale viene richiesta l'ammissione al passivo, prima ancora che siano decorsi i termini per la sua impugnazione. L'ammissione, in questo caso, potrebbe essere posta nel nulla da un ricorso successivamente proposto ed accolto dal giudice tributario.
Dunque, la Corte d'appello avrebbe errato nel negare l'ammissione al passivo del credito risultante dall'invito di pagamento che avrebbe dovuto essere ammesso al passivo in via definitiva o, al più, con riserva...
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