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  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Contro il decreto 4 agosto 1998 con il quale il Tribunale di Treviso aveva dichiarato la chiusura del fallimento della società in n.c.

    Caseificio F. di F. B. e c. e delle socie illimitatamente responsabili B. F., C. F. ed E. F. (su istanza del curatore, per compiuta ripartizione finale dell'attivo), M. F. proponeva reclamo alla Corte d'appello di Venezia chiedendo che fosse disposta la prosecuzione della procedura fino alla definizione della controversia da essa promossa nei confronti del fallimento e delle fallite per l'accertamento del suo diritto di proprietà sulla quota pari alla metà dei beni immobili pervenuti alle fallite per successione legittima dal loro padre (acquisiti al fallimento e oggetto della avvenuta liquidazione), essendo il diritto vantato dalla reclamante (madre delle fallite che, prima del fallimento, aveva rinunciato all'eredità del marito) fondato nel rinvenimento del testamento del proprio marito, avvenuto dopo la dichiarazione di fallimento. Con decreto 19 novembre 1999 la Corte d'appello di Venezia rigettava il reclamo rilevando: che la reclamante non aveva proposto la domanda di rivendicazione ex art. 103 l.f. ma aveva in sede ordinaria promosso azione nei confronti del fallimento e delle fallite per far dichiarare la nullità o l'annullamento della propria rinuncia all'eredità e perché si procedesse alla divisione dei beni costituenti l'asse ereditario, con attribuzione ad essa attrice della metà; che la valutazione della eventuale incidenza ostativa alla dichiarazione di chiusura del fallimento della pendenza di una controversia proposta da un terzo comporta la delibazione degli effetti che dalla pretesa azionata potrebbero riflettersi sulla procedura e delle conseguenza che si produrrebbero sulle stesse pretese con la dichiarazione di chiusura del fallimento; che nell'ambito di tale delibazione doveva osservarsi a) che ai sensi dell'art. 525 C.C. l'accettazione dell'eredità da parte del...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    1. Con il primo motivo del ricorso M. F. prospetta "falsa applicazione delle norme e dei principi in tema di tutela dei terzi nel traffico e nel fallimento" con riferimento ai disposti di cui agli artt. 525 e 2915 C. C., 42, 43 e segg. legge fallimentare, nonché difetto di motivazione, e critica la decisione impugnata per avere la Corte di merito erroneamente riconosciuto al fallimento la posizione di terzo rispetto alla azione petitoria esercitata dalla stessa F. per far valere il suo diritto ereditario nei confronti delle fallite e della procedura concorsuale: in tale controversia il fallimento non può dirsi avente causa dalle fallite ma ad esse si sostituisce e ne esercita i diritti.

    Con il secondo motivo la ricorrente deduce "falsa applicazione e violazione delle norme e dei principi in tema di efficacia dalla dichiarazione di fallimento" e cioè dei disposti di cui agli artt. 42, 43 e segg. legge fallimentare e dell'art. 2915 c.c., nonché difetto di motivazione, e denuncia l'errore del decreto impugnato che ha equiparato la dichiarazione di fallimento al pignoramento, con indebita estensione del precetto dettato dall'art. 42 l.f., giacché la privazione della disponibilità dei beni sanzionata a carico del fallito non può significare "attribuzione al fallimento della titolarità dei beni non appartenenti al fallito" stesso.

    Con il terzo motivo, infine, la F. lamenta "violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi sull'interesse ad agire, in relazione alle norme che regolano i diritti dei terzi sulle cose mobili oggetto di espropriazione: art. 100 c.p.c. e art. 2915 C.c.", nonché "insufficiente motivazione" e rileva che la reclamante aveva fatto "valere verso il fallimento il suo diritto ereditario non già su singoli beni, ma su un patrimonio comprendente beni immobili e beni mobili per una quota pari al 50%", sicché, se per i beni immobili "la sua pretesa è comunque sempre garantita dalla...

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